di Camilla Ferro
La piazza è loro. È dei disabili e delle biciclette speciali su cui corrono
la Maratona. Più di 2000 persone riempiono la Bra ma l’attenzione è per
questi «professionisti della vita» partiti mezz’ora dopo gli amatori e
trenta minuti prima degli agonisti. Stanno in mezzo, come uno spartiacque, a
ricordare che la differenza tra prima quando correvano con le loro gambe e
dopo, che invece lo fanno da seduti, è questione di poco. Di un incidente.
Di una distrazione. Di una malattia. «Basta un attimo», ammonisce con
dolcezza la campionessa mondiale di handbike Graziella Calimero, «per
ritrovarsi immobili zzato su una sedia a rotelle, con le gambe che non
rispondono più, morte. Ma la vita non finisce lì e noi siamo qui per
testimoniarlo».
Spingono con le mani sui pedali e fanno girare le ruote veloci come i
«normali» della corsa. Giovani donne, giovani uomini, tutti con storie
personali difficili ma accettate con coraggio e tanta forza di volontà. «Ci
sono in giro disa bilità morali peggiori della nostra», continua Graziella,
«c’è tanta pochezza e tanta mancanza di valori. Noi saremo anche
handicappati ma accanto a noi c’è gente altrettanto degna di portare questo
nome, con una piccola differenza, stavolta a nostro vantaggio: noi siamo
limitati fisicamente, molti lo sono nel cuore».
Arriva il sindaco, Paolo Zanotto, per dare il via alla Maratona. Con lui, la
moglie Diana. Si inginocchiano per salutare Graziella, pronta sulla linea di
partenza per le sue due ore di corsa. «Voglio vincere», dice, «mi chiamano
Schumi, non posso deludere i miei fan...». Zanotto la abbraccia, la sua
signora si commuove: «Questa è gente meravigliosa, c’è tanto da imparare».
Il sindaco spara, i «professionsiti della vita» spingono sulle loro handbike,
le ruote girano forte come i piedi di quelli che la maratona la fanno con le
gambe. «Fossero tutte lì le dif ferenze», sorride la Calimero già in testa
al gruppo dei 50 partecipanti alla sezione disabili, «tra chi vive in piedi
e chi seduto, il mondo sarebbe una meraviglia, invece i problemi veri sono
altri. E per quelli che come me hanno avuto la sfortuna di essere investiti
da un’auto e di perdere l’uso delle gambe, dico solo una cosa: sono qui oggi
per testimoniare che è inutile p iangersi addosso, che la vita va avanti e
va avanti bella come prima solo se si ha voglia di accettarla. Cambia
semplicemente una cosa: il punto di vista... prima guardavo il mondo da 1
metro e 65, adesso lo faccio sempre da mezza altezza, da seduta».
I maratoneti di Verona sono in piedi dal mattino presto per partecipare alla
corsa più «vecchia» del mondo, quella che l’ateniese Fidippide, 2.496 anni
fa, «inaugurò» per portare l’annuncio della vittoria sui nemici Persiani. In
suo onore, la «specialità» fu inserita nella prima Olimpiade di Atene, nel
1896: 42,195 chilometri, la distanza dal luogo della battaglia (il ponte di
Maratona) ad Atene, che il famoso greco coprì di corsa tutto d’un fiato. In
piazza Bra di emuli di Fidippide ce ne sono di tutti i gusti: quelli seri,
agonisti di professione, arrivati da diverse parti d’Italia - come il
vincitore Massimo Leonardi di Moena che si è aggiudica to il titolo con il
tempo di 2 ore 14’ e 43’’ (altri servizi nello sport a pagina 39) - e
dall’estero per vincere l’ambita gara; quelli semi-seri che, non riuscendo
ad affrontare gli oltre 42 chilometri di percorso, optano per il tracciato
ridotto, la cosidetta «maratonina» (21 chilometri e 97 metri); quelli
amatoriali, a metà tra i gitanti della d omenica e gli pseudo-sportivi, che
alle 8.30 danno vita a una scampagnata per le strade del centro battezzata
«Aspettando i maratoneti». E in ultimo i «dimostranti» (stavolta non
polemici), studenti di alcune scuole della città che in una staffetta di 6
chilometri si passano la fiaccola per dire che «ci si può divertire anche
con lo sport, in maniera sana, sudando per la fatica e non per aver ingoiato
schifezze», spiegano Sofia e Anna dell’istituto Montanari.
«Chi in un gruppo chi nell’altro, gli iscritti alla fine sono 2000», spiega
l’organizzatore della sesta Maratona di Verona, Natale Callipari, «un
successo per la città e per chi, amante dello sport, crede in manifestazioni
come questa, pensate sia per gli agonisti che per le famiglie». Le famiglie,
appunto. Ce ne sono tante in Bra, addirittura con baby-maratoneti dentro ai
passeggini. Entusiasmo alle stelle, per i bambini è una festa, un grande
gioco con tanto di premio: pettorali appiccicati sulla schiena, look
decisamente a tema, lottano con i genitori per togliere la felpa e correre
in pantaloncini e canottiera «come i grandi, che sennò sudo tanto», spiega
il piccolo Giorgio, 7 anni, arrivato dal Bovolone. Insiste: «senza il
maglione corro di più, vinco la medaglia e domani la porto alla maestra».
Impre sa fallita per la mamma che, alla fine, la maglia a Giorgio non riesce
a infilarla e lui ride di felicità. Poco più in là c’è l’intero clan Fontana
Granotto formato da quattro bambini e genitori: Alessandro, Marco, Pietro,
Giovanni con Margherita e Carlo Stefano. In coro: «Certo che ce la facciamo
a fare la maratona, siamo qui per questo. I più allenati siamo noi piccoli,
mamma e papà meno...». Foto di gruppo per i marciatori arrivati da Bergamo
in pullman, sono 54: «Veniamo sempre alla Montefortiana dove un po’ si corre
e un po’ ci si diverte... il problema sono i punti ristoro, sono troppi e si
finisce per bere e mangiare senza terminare la gara... oggi, invece, siamo
qui per fare la gara seriamente!!!». Da Sommacampagna sono arrivati Andrea e
Giovanni, 6 e 4 anni, insieme a Rosetta, Franco, Francesca e Antonino: «Ogni
domenica ci dedichiamo allo sport», raccontano, «oggi siamo venuti qui p er
la 6 chilometri, torniamo a casa pure con il pranzo, che si vuole di più?».
Il riferimento va al pacco che viene consegnato ad ogni partecipante
contenente lasagne, tortellini e due brioches. Nel vallo dell’Arena, invece,
un lungo banco con tè fumante, biscotti e frutta è preso d’assalto da chi,
iscritto o no, cerca qualcosa da bere per riscaldare l’aria fresca del mat
tino.
La piazza per tutta la mattina è un via vai continuo di persone. C’è chi
arriva dalla corsa amatoriale, chi si prepara per la marcia dei
professionisti, chi organizza il gruppo per la maratonina, chi dà le ultime
istruzioni ai figli (tipo signora Claudia alla piccola Emma: «Se ti perdi
chiedi aiuto ai signori con la giacca gialla, sono i vigili, fatti portare
all’arrivo»). In mezzo a tanta gente «abile», ma con un punto di vista
«diverso», i «professionsiti della vita», i disabili che corrono con le
mani. E a mani piene la gente ha applaudito soprattutto loro.