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L'Arena
IL GIORNALE DI VERONA

 
Sabato 26 Marzo 2005 sport Pagina 36

 
- HANDYBIKE

Calimero, doppia maratona e podio davanti al Colosseo

Ai successi alle maratone di Salsomaggiore e Vigarano e nella gara di Pedemonte, Graziella Calimero ha aggiunto il 3° posto nella maratona di Roma in 2.30’. E’ stata preceduta solo dalla francese Christine Saladin (1.51’37") e dalla bergamasca Daniela Rota (2.05’40"). L’atleta del Gruppo sportivo ciclistico Giambenini, però, ha gareggiato in una categoria maggiore rispetto alla propria. La sua alta paraplegia non le ha impedito, però, di tenere testa anche ad atleti con handicap inferiore. «E’ stato - commenta la Calimero - un risultato bellissimo, che mi ha dato grande soddisfazione, conquistato su un percorso difficile e nonostante una foratura al 24° chilometro».
Nonostante questo handicap aggiunto, Graziella ha continuato la corsa, destando all’arrivo l’ammirazione dei presenti per aver concluso la gara con la gomma bucata. Il sindaco di Roma, Veltroni, l’onorevole Maria Pia Garavaglia ed il presidente nazionale del Comitato italiano paraolimpico (si chiama così, ora, e non Fisd, federazione italiana sport disabili, l’ente che gestisce l’attività sportiva dei diversam ente abili) si sono particolarmente complimentati con la portacolori del Giambenini. «E’ stata - riferisce Graziella Calimero - un’emozione unica. Al via eravamo ben in 115. Per me è stato come partecipare ad una Paraolimpiade».
La società di Pescantina ha ben figurato anche con Andrea Conti, che ha superato diversi rivali di categorie superiori alla sua.
La Calimero sottolinea anche l’impegno e la fatica degli atleti in handybike. «Sono medico - ricorda - e so valutare la fatica dei miei amici e con quale spirito si siano inseriti in questo gruppo, dimostrando grande volontà. Lavorare solo con le braccia non è facile. Quando c’è un cavalcavia, è come scalare... l’Everest. Si possono immaginare le difficoltà, ad esempio, nel gareggiare sui sampietrini di Roma. Però lo sport, per noi, è vita. Prima di tutto, è salute. A livello di mente, ci apre alla voglia di vivere, di comunicare, di essere. Quando ci alleniamo e gareggiamo in mezzo al verde e alla natura, quasi non ci sentiamo più persone con difficoltà. Tutto questo ci dà vita e ci fa pensare di essere noi un qualcosa di utile per gli altri. Siamo dentro nel mondo e abbiamo il dovere di non piangerci addosso. L’handicappato ha le sue difficoltà, ma chi non le ha? Quante famiglie le hanno? Cerchiamo, a llora, con la nostra fatica di trasmettere qualcosa, di donare un sorriso, una buona parola, per andare avanti assieme. E’ questo il bello della vita». (r.p.)