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di Renzo Puliero
Era andata con l’obiettivo di migliorare se stessa.
Ma è andata oltre ed ha vinto. Graziella Calimero mostra con
giustificato orgoglio l’alloro della Maratona di New York. L’aveva
conclusa in 2.52’ nel 2002 e in 2.31’ l’anno scorso. Si è
migliorata ancora con 2.20’, tempo che è valso il primo posto nella
sua categoria, la B (paraplegici, lesioni sotto cervicale) ed il quarto
assoluto tra i disabili (A: tetraplegici e C, amputati, lesionati
midollari bassi, poliomielitici e focomelici, le altre categorie).
Eppure Graziella ammette: «Avrei potuto fare ancora meglio, ma ho
commesso un errore nel tratto finale: mi sono impappinata con il cambio.
Avrei potuto chiudere in 2.15’. Ma è stata un’altra bellissima
esperienza. Quella di New York è la maratona più dura e più bella, su
strade dissestate, sostenuta da un’organizzazione eccezionale. A me
non interessava il primo o secondo posto, ma mettermi alla prova».
La Calimero si era preparata bene nei tre mesi precedenti, andando a
concludere al secondo posto (categoria unica) la maratona di Berlino («in
2.07’ con vento e pioggia») ed a vincere la graduatoria assoluta
della maratona di Verona in 2.13’ e della Mille metri del Corso a
Mestre (in 2’03"). Sono tutte prestazione che aumentano «il
rimpianto per non aver partecipato alle ParaOlimpiadi di Atene, dove
l’handybike è stata inserita per la prima volta». «Credo - dice
Graziella - che io e Daniela Rota, una ragazza di Bergamo, categoria C,
un vero "siluro", seconda a New York l’anno scorso, avremmo
avuto le carte in regola per ben figurare».
Ed è anche per favorire una maggiore conoscenza e
diffusione dell’handybike che è stato formato il GSC-Gruppo sportivo
ciclistico Piergiorgio Giambenini di Pescantina. Oltre a Graziella
Calimero (vicepresidente, che non dimentica «riconoscenza nei confronti
della polisportiva Galm, dove abbiamo potuto cominciare la nostra
attività»), ne fanno parte Marina Perlato, Andrea Conti, Graziano
Buffo e Dario Bignotti, tutti in gara a New York e membri del direttivo
assieme a Loredano Scolari, Franco Chierego (medico sociale), Gino
(direttore sportivo), i fratelli Gianni e Giorgio Madinelli (costruttori
di telai e meccanici che stanno progettando un telaio di handybike non
superiore ai 10-13 chili). «Il gruppo - precisa il presidente
Piergiorgio Giambenini
- è stato costituito da poco più di un mese.
L’obiettivo è cercare di andare al passo con gli altri paesi europei.
In Italia, per l’handybike, siamo all’età della... pietra. Bisogna,
invece, accompagnare questi atleti dal momento dell’incidente in poi,
e rendere questo sport sempre più a livello professionistico. Puntiamo
ad una adeguata preparazione atletica e, per questo, siamo in contatto
con l’istituto Don Calabria: gli atleti lavoreranno in palestra ed in
piscina per il potenziamento della parte superiore. E li seguiamo dal
punto di vista medico». Il gruppo sportivo, che sarà presentato
ufficialmente nel prossimo gennaio con la consegna al sindaco Zanotto
della prima maglia, non nasconde «programmi ambiziosi». «Il sogno nel
cassetto - conferma Giambenini - è organizzare il campionato del mondo
di handybike a Verona. Ne abbiamo già parlato con l’amministrazione
comunale. Si tratta di un lungo percorso da affrontare perchè questo
sogno si concretizzi. Ma vogliamo anche organizzare, probabilmente nel
giugno del prossimo anno, una gara particolare a Pescantina: una
staffetta tra venti atleti in handybike e venti professionisti del
ciclismo. Pietro Caucchioli ci sta dando una grossa mano per questo e
anche per trovare gli sponsor. Pietro è un nostro testimonial ed ha
dimostrato squisita sensibilità nei nostri confronti». In palio ci sarà
il 1° Trofeo Pietro Giambenini. In programma, inoltre, vi è
l’organizzazione di serate, al teatro comunale di Pescantina, «per
informare la gente sull’handybike, spiegare come si corre, le diverse
categorie ed i problemi della persona handicappata». Graziella Calimero
fa presente: «Gli acciacchi sono tanti, ma quando sei fuori, con la tua
"bicicletta", immersa nella natura e senti il vento che ti
accarezza, è tutta una poesia, una vita che ritorna, là dove vanno
tutti. E dove lo sport unifica».
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